Emodinamica
venosa nella sclerosi multipla
GIOVANNI ROSSI
NOTE E
NOTIZIE - Anno XXII – 14 giugno 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Seguiamo sempre con
attenzione la ricerca che indaga la patologia della sclerosi multipla e
quest’anno, oltre ai numerosi journal club fra soci e agli incontri di
aggiornamento con il gruppo strutturale che si occupa di questa malattia
demielinizzante, abbiamo recensito uno studio del filone dedicato al ruolo
dell’astroglia[1]
e un lavoro sull’annosa questione del ruolo del virus di Epstein-Barr[2].
Da molti anni si studia per
comprendere in che modo il sistema venoso cerebrale possa influenzare lo
sviluppo della sclerosi multipla, la maggiore causa di disabilità non
traumatica dei giovani adulti, ma fino a oggi non si è giunti a risultati
chiari, definitivi e incontrovertibili.
Alexander Robert Bateman e
colleghi hanno verificato se l’emodinamica del sistema venoso del cervello di
volontari affetti da sclerosi multipla si modifica nel corso del tempo, e se
questo sistema sia effettivamente implicato in processi patogenetici che danno
luogo alla malattia demielinizzante e neurodegenerativa. I risultati dello
studio, esposti in sintesi più avanti, sono di sicuro interesse
neuroscientifico, oltre che clinico.
(Bateman A. R. et al., A longitudinal investigation of the cerebral venous
hemodynamics in multiple sclerosis using computational fluid dynamics. Multiple
Sclerosis and Related Disorders – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.msard.2025.106555, 2025).
La
provenienza degli autori è
la seguente: School of Mechanical Engineering,
University of New South Wales, Sydney, NSW (Australia); Discipline of
Aerospace, Mechanical and Mechatronics Engineering, School of Engineering,
College of Engineering, Science and Environment, University of Newcastle,
Callaghan, NSW (Australia); School of Medicine and Public Health, College of
Health, Medicine and Wellbeing, University of Newcastle, Callaghan, NSW
(Australia); Department of Neurology, John Hunter Hospital, Newcastle
(Australia); School of Mechanical
Engineering, University of New South Wales, Sydney, NSW (Australia); School of
Medicine and Public Health, College of Health, Medicine and Wellbeing,
University of Newcastle, Callaghan, NSW (Australia); Department of Medical
Imaging, John Hunter Hospital, Newcastle, NSW (Australia); Hunter Medical
Research Institute, Newcastle (Australia).
A beneficio del lettore non
specialista, si propone qui di seguito un’introduzione alla sclerosi multipla
prevalentemente tratta da un articolo scritto dal nostro presidente in
collaborazione con Diane Richmond[3] e da altri articoli più recenti[4]:
“Clinicamente la sclerosi multipla è
distinta in 5 forme principali: la remittente-recidivante, che è la più
frequente, la forma secondariamente progressiva, quella più rara che assume
subito andamento progressivo, la forma acuta[5]
e, infine, la sclerosi cerebrale diffusa[6].
Il sintomo iniziale in circa la metà dei pazienti è costituito da debolezza o
torpore in un arto o due: all’esame neurologico spesso il paziente riferisce
sintomi ad un solo arto ma si rilevano deficit, quali un Babinski positivo,
anche nell’arto controlaterale. Sono avvertite parestesie e sensazioni di avere
il tronco o un arto stretto da una fascia, verosimilmente per interessamento
delle colonne posteriori del midollo spinale. L’esame dei riflessi tendinei
inizialmente evidenzia ritardo di risposta che tende a mutare in iperattività.
In generale, le manifestazioni sintomatologiche variano secondo un’ampia gamma
di intensità, potendo essere sfumate o configurare vere e proprie paraparesi
spastiche o atassiche. In vari casi l’emergenza clinica assume il profilo di
una delle seguenti sindromi: 1) neurite ottica; 2) mielite trasversa; 3)
atassia cerebellare; 4) sindromi del tronco encefalico (vertigine, disartria,
diplopia, dolore o torpore faciale).
I dati su soggetti, etnie ed aree
geografiche più colpite hanno costituito inizialmente un’indicazione
orientativa per la ricerca sulle cause. La prevalenza maggiore è fra i
Caucasici in aree con temperature medie annuali basse, ma la malattia, sia pure
con una minima incidenza, è diagnosticata anche nei paesi tropicali. Fra i due
sessi è maggiormente colpita la donna con un rapporto di 2:1 o 3:1[7];
le ragioni di questa differenza sono ancora sconosciute, ma il dato accomuna la
sclerosi multipla a molte malattie autoimmuni[8].
Oggi, con stime epidemiologiche che
superano i 2 milioni di persone affette in tutto il mondo e una prevalenza di
1:1000[9],
non meraviglia che sia considerata la malattia neurologica più comune fra i
giovani adulti[10]. In
proposito, non possiamo dimenticare l’osservazione di Gilbert e Sadler che,
dopo aver descritto cinque casi di studio autoptico nei quali sono state
inaspettatamente scoperte le tipiche lesioni della sclerosi multipla in persone
ritenute asintomatiche per tutta la vita, concludono che la reale incidenza
potrebbe essere anche di tre volte maggiore di quella attualmente riconosciuta[11].
Eppure, fino agli anni Ottanta, ossia
fino a quando sono stati introdotti criteri diagnostici e metodi basati sulla
risonanza magnetica nucleare, in molti istituti neurologici la sclerosi
multipla è stata considerata alla stregua di una malattia rara. È ragionevole
supporre che una causa del basso numero di casi rilevati in quel periodo sia da
ascriversi a falsi negativi e a numerosi casi mai giunti all’osservazione
specialistica; tuttavia, non sono stati pochi i neurologi che hanno sospettato,
probabilmente in relazione ad ipotesi eziologiche con un ruolo preponderante
attribuito a fattori ambientali, che la malattia fosse rara in passato e si
fosse verificato un effettivo e notevole incremento di persone colpite in epoca
recente.
Ma, attingendo per informazioni a
documenti di valore ormai storico, abbiamo conferma di una frequenza tutt’altro
che bassa già nel passato, se con i limitatissimi mezzi diagnostici
dell’Ottocento i neurologi edotti della sua esistenza hanno potuto lasciarci
traccia di una discreta casistica[12].
All’inizio del diciannovesimo secolo la
malattia, poi denominata dai neurologi britannici disseminated sclerosis e da quelli francesi sclérose en plaques,
era già conosciuta, come si desume dalle accurate descrizioni pubblicate nel
tempo da Carswell, da Cruveilhier
e poi da Frerichs. È interessante notare che, solo
dopo quel periodo, si ebbe l’interessamento da parte di Jean-Martin Charcot, in
molte trattazioni indicato quale primo studioso di questa malattia. La ragione
di tale attribuzione è tuttavia facile da comprendere, se si considera che il
celebre chef de clinique
della Salpêtrière che attrasse a Parigi il giovane
Freud per i suoi studi sull’isteria, analizzò accuratamente ben 34 casi,
definendo nel 1868 aspetti anatomopatologici e clinici mai rilevati in
precedenza, e successivamente richiamò l’attenzione della comunità medica
internazionale istituendo una fondazione per lo studio della malattia[13].
Un’altra ragione dell’oblio toccato agli studi dei neurologi che avevano
preceduto Charcot è nella formulazione di ipotesi eziologiche erronee, talvolta
elaborate secondo concezioni che ci appaiono anacronistiche. Ad esempio, Cruveilhier, nel suo saggio pubblicato intorno al 1835,
ipotizzava all’origine della sclerosi multipla una soppressione della
sudorazione.
Da quell’epoca lontana, si sono compiuti
enormi progressi nella conoscenza dei processi patogenetici che portano dalle
lesioni focali demielinizzanti, alla sezione degli assoni e alla perdita dei
neuroni con i deficit neurologici delle fasi avanzate e delle forme
progressive, ma quanto alle cause della sclerosi multipla sappiamo poco più di
allora e, soprattutto, troppo poco in rapporto alla responsabilità che
ricercatori e medici sentono di fronte ad una sofferenza che in un numero
crescente di persone chiede di essere alleviata se non eliminata.
Numerosi dati suggeriscono l’influenza
di fattori ambientali sulla possibilità di sviluppare la malattia[14].
Studi sui flussi migratori indicano che il rischio di ammalarsi di sclerosi
multipla è maggiore in coloro che abbiano vissuto in aree ad alta prevalenza
della patologia prima della pubertà. Altre osservazioni riportano dei picchi di
incidenza in riferimento ad un determinato luogo o ad un periodo particolare,
suggerendo l’importanza di una variabile temporale. Simili profili di
distribuzione possono far pensare ad infezioni, a fattori nutrizionali o a
tossicità chimica.
L’ipotesi seguita dalle più numerose e
intense indagini sperimentali è stata quella virale, con studi condotti sui
virus di Epstein-Barr, Herpes simplex 1 e 2, HHV6, Varicella zoster e altri
agenti eziologici degli esantemi dell’infanzia. Gran parte dell’interesse per
l’ipotesi virale è derivato dal rischio di encefalomielite acuta disseminata
che segue infezioni virali e dalla prevalenza di sieropositività a virus come
quello di Epstein-Barr nelle persone affette da sclerosi multipla.
Anche alcuni risultati di studi volti ad
accertare il ruolo di fattori ambientali hanno contribuito a confermare
l’importanza della ricerca sull’eziologia genetica, nonostante siano sempre
mancate evidenze per una ereditarietà mendeliana[15].
La diversa prevalenza fra gruppi etnici e la già ricordata differenza nella
concordanza fra gemelli monozigoti e gemelli dizigoti hanno costituito fattori
determinanti. Più recentemente l’analisi estesa all’intero genoma del
polimorfismo di singoli nucleotidi ha identificato numerosi loci genici
associati ad accresciuto rischio di malattia nella popolazione generale[16].
Molti polimorfismi mappano geni o loci genici associati con la regolazione
immunitaria. Una forte associazione rilevata qualche anno fa è quella con l’HLA-DRB1
sul cromosoma 6p21, che sembra dar conto del 16-60% di suscettibilità genetica
allo sviluppo della malattia. Il prosieguo della ricerca sta identificando un
numero sempre crescente di loci genici verosimilmente legati alla possibilità
di sviluppare un disturbo neurologico clinicamente rilevante, pertanto
l’opinione più seguita fra i genetisti è che, se si dimostrerà che la sclerosi
multipla è in senso stretto una malattia genetica, sarà definita come un
disturbo complesso nel quale molti geni polimorfici interagenti hanno una bassa
penetranza ed esercitano un piccolo effetto sul rischio patologico complessivo[17]”[18].
Dopo questa introduzione alla sclerosi
multipla, ritorniamo allo studio qui recensito, in cui Alexander Robert Bateman e colleghi hanno messo alla prova l’ipotesi di
un ruolo dell’emodinamica venosa cerebrale nello sviluppo della malattia
demielinizzante più frequente.
Il campione era composto da
13 pazienti affetti da sclerosi multipla e 10 volontari sani fungenti da
controllo. Gli affetti dalla malattia demielinizzante sono stati studiati
accuratamente mediante risonanza magnetica nucleare (MRI) a cinque anni di
distanza dal primo studio diagnostico per immagini, ed è stata definita con
precisione la geometria vascolare cerebrale e sono stati studiati i valori di
flusso ematico di ciascuno. Su questa base sono poi stati creati modelli
computazionali della dinamica dei fluidi e poi simulati per ciascuno dei 13
volontari affetti, comparandoli poi con quelli dei 10 sani di controllo.
Il flusso di sangue
attraverso il seno venoso retto (ST) nel gruppo degli ammalati di
sclerosi multipla al test iniziale era maggiore, “accresciuto”, rispetto a
quello dei dieci volontari fungenti da controlli, e presentava una tendenza a decrescere
alle verifiche di follow-up. I seni distali risultavano aumentati di
volume col passare del tempo a dispetto del crollo della pressione al loro
interno.
È interessante notare che i
ricercatori hanno sottoposto i 13 volontari affetti alla rivalutazione mediante
lo strumento standardizzato della scala EDSS (expanded
disability status scale): gli esiti della scala
correlavano con la caduta della pressione sanguigna nel seno
venoso retto (ST).
In conclusione, l’insieme
dei risultati emersi dallo studio suggerisce che i cambiamenti rilevati nel
sistema venoso cerebrale possono essere associati alla fisiopatologia della
sclerosi multipla, anche se prima di trarre conclusioni saranno necessari
ulteriori studi su campioni molto più numerosi.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-14 giugno 2025
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La Società
Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 08-03-25 Nella sclerosi multipla CLEC16A limita la patologia (CLEC16A quale soppressore delle risposte patologiche
degli astrociti);
[2] Note e Notizie 08-03-25 Il ruolo del virus Epstein Barr
nella sclerosi multipla.
[3] Note e Notizie 11-06-16
Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.
[4] Note e Notizie 20-04-24 Il
ruolo di SCFA intestinali nella sclerosi multipla; Note e Notizie 20-04-24 Nella
sclerosi multipla scoperti eventi di comunicazione fra cellule.
[5] Malattia di Marburg e sclerosi
multipla tumefattiva.
[6] Malattia di Schilder e sclerosi
concentrica di Balo.
[7] Per la ratio
2:1, v. Bradl M. & Lassmann H., Multiple Sclerosis, in Neuroglia (Kettenmann & Ransom,
eds), p. 785, Oxford University Press, New York (USA), 2013; per la ratio 3:1, v. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition, p. 917,
McGraw Hill, 2014.
[8] D’altra parte la
demielinizzazione si associa a malattie autoimmuni, quali SLE, malattia di Sjogren e sindromi correlate.
[9] La prevalenza media di 1:1000
abitanti in Nord America ed Europa Centro-Settentrionale comprende stime come
quelle di Mayr nel Minnesota di 177 casi per 100.000 (Olmstead
County) e di 30/80 per 100.000 in Nord USA e Europa. Invece, nel meridione di
USA ed Europa, la prevalenza è da 6 a 14 per 100.000. Nelle aree tropicali è
rara con una prevalenza sempre inferiore all’unità per 100.000 abitanti (Cfr.
Adams & Victor’s, p. 917, McGrawHill, 2014).
[10] Spesso diagnosticata fra i 20 e
i 40 anni: si vedano le righe introduttive in Note e Notizie 06-02-16 Nella sclerosi multipla un sorprendente
comportamento delle cellule NK; Cfr. Bradl M. & Lassmann
H., Multiple Sclerosis,
in Neuroglia (Kettenmann
& Ransom, eds), p. 785, Oxford University Press,
New York (USA), 2013.
[11]
Cfr. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.
[12]
Compston A., Lassmann H., McDonald I., The history of
multiple sclerosis, pp. 69-112 in McAlpine’s
Multiple Sclerosis 4th ed. Churchill
Livingstone, New York 2006.
[13] Questa iniziativa, a un secolo
di distanza, ispirò Rita Levi-Montalcini per la costituzione dell’AISM.
[14]
Compston A. & Cole A. Multiple Sclerosis. Lancet 372, 1502-1517,
2008. Cfr. Staugaitis S. M. & Trapp B. D.,
Diseases Involving Myelin, pp. 691-704 in Basic
Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price), AP, Elsevier, 2012.
[15]
V. nota 10.
[16]
Cfr. Australia and New Zealand Multiple Sclerosis Genetics Consortium (ANZgene), 2009; De Jager et al. Nature 41, 776-782, 2009.
[17] Staugaitis
S. M. & Trapp B. D., op. cit., p.
696.
[18] Note e Notizie 11-06-16
Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.